La Sicilia

La Sicilia è la più grande isola dell’Italia e del Mediterraneo, una terra sorprendente ricca di storia e tradizioni, in cui arte e cultura si intrecciano con meravigliose bellezze naturali. Dal mare alla montagna passando per campagne, vulcani e borghi marinari, sono davvero tanti i motivi per visitare la Sicilia. Come ebbe a esclamare Federico di Svevia, re di Sicilia “Non invidio a Dio il Paradiso, perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia”. Nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco compaiono sette siti siciliani: oltre alle città barocche di Noto, Modica e Ragusa, alle Isole Eolie, alla Valle dei Templi di Agrigento e a Siracusa con le necropoli rupestri di Pantalica, hanno ottenuto questo prestigioso riconoscimento anche l’Etna – in quanto uno dei vulcani più emblematici e attivi del mondo -, la Villa Romana del Casale, a Piazza Armerina, e il Percorso Arabo-Normanno di Palermo, Monreale e Cefalù, un itinerario di scoperta nella storia arabo-normanna dai grandissimi contenuti artistici. Il mare e le spiagge della Sicilia sono tra le più belle di tutto il bacino del Mediterraneo: è impossibile resistere alla tentazione di fare un po’ di vita di mare lungo le sue bellissime coste e sulle sue tante isole. Tra le spiagge più belle c’è la spiaggia di San Vito lo Capo, la spiaggetta tra cave di tufo di Cala Rossa, sull’isola di Favignana, l’Isola dei Conigli a Lampedusa – sempre presente nelle classifiche delle spiagge più belle del mondo -, la bianca falesia di Scala dei Turchi, a Realmonte, la spiaggetta di Cala Capreria, all’interno della Riserva dello Zingaro, Isola Bella a Taormina, la spiaggia di Calamosche tra Vendicari e Noto, la spiaggia di Mondello, vicino a Palermo, e l’affascinante Isola delle Correnti a Portopalo, estrema punta sud-orientale della Sicilia, dove il Mar Ionio si unisce al Mar Mediterraneo. Altamente consigliate sono le escursioni in barca tra le isole dell’Arcipelago vulcanico delle Eolie o delle Egadi, o lungo le coste di Pantelleria o Lampedusa.
 Gli amanti del trekking in Sicilia non resteranno delusi: nella regione è possibile fare escursioni a piedi lungo sentieri panoramici o alle pendici di vulcani ancora attivi. Sulle Isole Eolie si trovano i vulcani di Stromboli e Vulcano; allontanandosi di pochi chilometri da Catania è possibile salire fino in vetta all’Etna, con i suoi 3.350 m il maggiore vulcano d’Europa. È possibile raggiungere la vetta a piedi lungo sentieri di varia durata e difficoltà e dormire in quota in uno dei diversi rifugi escursionistici; in alternativa è possibile partecipare a tour in jeep o prendere la funivia che conduce fino a 2.500 metri (da qui volendo è possibile proseguire con fuoristrada fino a 2.900 metri).


  • IL SUINO DI NEBRODI 
Il Suino Nero Siciliano o dei Nebrodi costituisce una popolazione, ben definita, che si è originata dal ceppo indigeno. Fortunatamente l’impegno di non pochi, ma soprattutto degli allevatori, ha permesso che questo germoplasma, così prezioso, non si perdesse e che le iniziative intraprese permettessero la conservazione e la valorizzazione di questa popolazione. Si può trovare, da sempre, all’interno dei boschi più fitti ed impervi dei Nebrodi dove riesce a riprodursi allo stato naturale conservando l’insieme delle sue caratteristiche morfo funzionali acquisite nel tempo attraverso una selezione avvenuta nella forma più naturale ed in un mirabile equilibrio instaurato con le difficili condizioni ambientali.
E’ in questo contesto che gli allevatori si sono orientati verso l’allevamento di questo Suino dei Nebrodi, animale capace di sfruttare al massimo il pascolo e le poche risorse alimentari disponibili. Le caratteristiche geomorfologiche, dei pascoli naturali incontaminati e climatiche del territorio del Parco dei Nebrodi hanno determinato la sopravvivenza di questa razza con la sua alta resistenza alle malattie, con elevata attitudine materna, i cui soggetti sono grandi camminatori e capaci di rusticità, morfologiche ed organolettiche sono uniche. Caratteristiche che gli hanno permesso di vivere e produrre in ambienti difficili nei quali altre razze non sarebbero sopravvissute.
In questi allevamenti si allevano animali della razza autoctona Suino Nero Siciliano, noto anche come Suino Nero dei Nebrodi e tradizionalmente chiamata dagli allevatori "u Porcu Nivuru". 



  • IL CARCIOFO SPINOSO DI MENFI

Menfi è una delle capitali dell’agricoltura siciliana. Il suo territorio fertilissimo è coltivato a vigneto, oliveto, ortaggi: 9000 ettari di terra scura, soleggiata, che passano da 100 a circa 400 metri sul livello del mare. Oltre 600 ettari sono coltivati a carciofo. Lo spinoso di Menfi è famosissimo, storicamente, anche se in realtà la maggior parte dei carciofi che oggi si coltivano in questi terreni sono riservati a varietà moderne – tema2000, violetto di Provenza, alcune varietà di romanesco  in particolare vanno per la maggiore quelle inermi, senza spine, che il mercato oggi predilige. L’ecotipo storico, lo spinoso, è ancora coltivato e molto apprezzato dai buongustai ma indubbiamente vive male la competizione con gli ibridi anche tre, quattro volte più produttivi che vengono da fuori, non a caso ne sono rimasti 10 ettari. Anche in quest’area della Sicilia l’erosione genetica delle varietà locali da parte degli ibridi prediletti dall’agricoltura specializzata sta cacciando gli ecotipi locali tradizionali. 
Dello spinoso di Menfi si ha notizia almeno dall’Ottocento, il terreno dedicato si estendeva al tempo dal fiume Carboj all’attuale Riserva naturale Foce del Belìce. E’ una varietà autunnale, i primi capolini chiamati mammi hanno una forma ellissoidale, mentre i secondi, gli spaddi, sono ovoidali. 
E’ un carciofo di dimensioni medie rispetto alle altre varietà autunnali, le brattee, ovvero la parte edibile del carciofo, hanno una colorazione di base verde e un sopraccolore violetto, nella parte speriore sono presenti grandi spine dorate. Per questa caratteristica in passato era conosciuto anche con il nome di “spinello”. Le spine sono indubbiamente un ostacolo sul mercato e richiedono un poco di pazienza in cucina, ma lo spinoso ha molte altre ottime qualità: è aromatico, croccante, delicato. Molto ricercato per cottura alla brace, e anche per la produzione di sottoli, caponate e paté. Il suo alto contenuto di lignina lo rende infatti più resistente sia alla conservazione in olio (non si sfalda facilmente) e anche più resistente al calore intenso della brace. Le carciofaie hanno bisogno di poca acqua e non avendo bisogno di molti elementi nutritivi raramente venfono concimati con il letame. Quando non si fanno carciofi si coltivano fave, che arricchiscono nuovamente la terra di azoto. La raccolta avviene manualmente a partire dalla fine di novembre fino alla fine di aprile. Dopo si trincia tutto quanto è rimasto. Trinciando la parte secca della pianta si facilitano le operazioni di recuperi degli ovuli migliori, precedentemente segnati con la colorazione alla base dei ceppo. Tradizionalmente la fine della stagione produttiva è il primo maggio, quando i menfitani si ritrovano in campagna per arrostire gli ultimi carciofi rimasti cotti su braci di potature di olivo o olivo. Il carciofo prima di essere messo sulla brace si batte con tutte le spine su una base di marmo per favorire l’apertura delle brattee si condisce così con olio extravergine di oliva, sale ed aglio.




  • CASSATA SICILIANA


Il percorso di questo dolce ricalca quello di altre specialità, nate siciliane e che poi si sono irradiate in tutta Italia. Come è stato per la pasta, per le arancine, per il gelato, per la pasta di mandorle e perfino per l’allevamento del bufalo d’acqua e, in parte, per il torrone. È infatti alla Palermo del periodo arabo che bisogna risalire, in quella che all’epoca (XI secolo) era la città più grande d’Europa. Gli Arabi avevano importato nell’isola vari prodotti: dal pistacchio agli agrumi, dalla mandorla alla canna da zucchero. Secondo la tradizione, una notte un pastore decise di mescolare la ricotta di pecora con lo zucchero o il miele. E chiamò questo dolce “quas’at” (“bacinella”), dal nome della ciotola in cui era contenuto l’impasto. Successivamente, alla corte palermitana dell’emiro in piazza Kalsa, i cuochi decisero di avvolgere l’impasto in una sfoglia di pasta frolla, da cuocere poi in forno. Nacque così la cassata al forno, la più antica delle versioni di questo dolce.




  • GLI ARANCINI


Le origini dell'arancino sono molto discusse. Essendo un prodotto popolare risulta difficile trovare un riferimento di qualche tipo su fonti storiche che possano chiarire con esattezza quali le origini e quali i processi che hanno portato al prodotto odierno con tutte le sue varianti.
In assenza di fonti specifiche, quindi, alcuni autori si sono cimentati nell'immaginarne le origini a partire dall'analisi degli ingredienti che costituiscono la pietanza. Così, per via della presenza costante dello zafferano, se ne è supposta una origine alto medievale , in particolare legato al periodo della dominazione musulmana, epoca in cui sarebbe stata introdotta nell'isola l'usanza di consumare riso e zafferano condito con erbe e carne. Agli stessi arabi vanno fatti risalire anche originario aspetto e denominazione della pietanza, dato che erano soliti abbinare nomi di frutti alle preparazioni di forma tonda, come riportato da Giambonino di Cremona . L'invenzione della panatura nella tradizione a sua volta viene spesso fatta risalire alla corte di Federico 2 di Svevia , quando si cercava un modo per recare con sé la pietanza in viaggi e battute di caccia. La panatura croccante, infatti, avrebbe assicurato un'ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità. Si è supposto che, inizialmente, l'arancino si sia caratterizzato come cibo da asporto, possibilmente anche per il lavoro in campagna




  •  DENOMINAZIONE CONTEA DI SCLAFANI D.O.C.

La denominazione Contea di Sclafani DOC, in Sicilia, comprende i vini rossi, rosati e bianchi provenienti da una zona relativamente ampia a sud-est e nell’entroterra da Palermo, sulla costa meridionale dell’isola. Il nome della DOC è quello di un antico stato feudale della Sicilia che, sebbene oggi non aesista più, dà ancora il suo nome all’area a sud delle montagne delle Madonie. Anche se apparentemente piuttosto isolata dalle altre DOC siciliane, la distanza tra la Contea di Sclafani DOC e le altre DOC occidentali come Sambuca di Sicilia DOC, Contessa Entellina DOC e Monreale DOC è inferiore a 50 km. I vini della Contea di Sclafani hanno ottenuto il riconoscimento di DOC nell’agosto del 1996, pochi mesi dopo quelli di Santa Margherita del Belice. A partire dal 2010, la revisione della denominazione ha introdotto oltre 20 tipologie di vino. Queste includono il rosso , bianco e rosato base, il vino dolce, la vendemmia tardiva e il rosso novello. La denominazione Contea di Sclafani DOC comprende anche sette vini varietali bianchi tra cui Grecanico, Inzolia, Grillo, Chardonnay e Sauvignon e otto rossi tra cui Nero d’Avola, Sangiovese, Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot. La DOC comprende un ventaglio di tipologie leggermente più mirato rispetto alle altre denominazioni più a nord, tra cui vini bianchi e rossi prodotte da una combinazione di uve tradizionali siciliane e internazionali. Ci sono anche i vini dolci da vendemmia tardiva di cui sopra, che possono essere basati su qualsiasi uva bianca. Non esiste una variante novello dei vini rossi varietali, né una variante superiore per i bianchi. Esiste tuttavia una menzione riserva per i vini rossi che siano stati invecchiati per 24 mesi prima dell’immissione sul mercato, di cui almeno sei mesi devono essere in botte. È interessante notare come i vini

varietali della Contea di Sclafani DOC prodotti dalle uve Nerello Mascalese siano esclusi da questa opzione.


  • IL CONTEA  DI SCLAFANI SAUVIGNON 

Il vino Contea di Sclafani DOC Cabernet Sauvignon è una delle tipologie di vino previste dalla denominazione Contea di Sclafani DOC, una DOC della regione Sicilia. I disciplinari delle denominazioni DOC prevedono al loro interno specifiche tipologie di vino, che si caratterizzano per la loro composizione ampelografica, ossia per i vitigni ammessi per la loro produzione, per le procedure di vinificazione e per le specifiche caratteristiche organolettiche del vino. I vitigni che rientrano nella composizione del vino Contea di Sclafani DOC Cabernet Sauvignon sono Cabernet sauvignon min.85%. Le caratteristiche organolettiche del Contea di Sclafani DOC Cabernet Sauvignon prevedono un colore Rosso rubino, intenso, Rosso granato. Il profilo olfattivo del vino Contea di Sclafani DOC Cabernet Sauvignon è caratteristico, fine e al palato risulta di corpo, caratteristico.























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