La Puglia

Terra di mare, colli e pianure sconfinate, la Puglia attira visitatori per le sue splendide coste (più di 800 chilometri tra Mare Adriatico e Mare Ionio), ma anche per le sue città d’arte e i suoi pittoreschi borghi storici, dove vivono ancora intatte antiche tradizioni religiose, le sue masserie di campagna immerse tra gli uliveti, e i suoi prodotti della terra dal sapore antico e ineguagliabile. La Puglia vale sempre il viaggio, per tanti motivi. Pensare alla Puglia rievoca come prima cosa i trulli, le costruzioni a secco con il tetto a cono tipiche della campagna che si trovano sparse in tutta la zona centro-meridionale della regione. I trulli sono particolarmente diffusi nella Valle d’Itria e nelle Murge e in particolare ad Alberobello, il cui centro storico è costituito interamente da trulli: i Trulli di Alberobello sono dal 1996 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Altro luogo simbolo della Puglia è Castel Del Monte, una fortezza duecentesca non lontana da Andria, anch’esso inserito tra i beni Patrimonio dell’Unesco, così come il Santuario di San Michele Arcangelo, luogo di pellegrinaggio in provincia di Foggia, e la Riserva Naturale della Foresta Umbra, nel Gargano. Simboli indiscussi della regione sono anche i suoi muretti a secco, ampiamente diffusi nel Salento e nella Valle D’Itria, e i suoi uliveti centenari e millenari di inestimabile valore, che producono un olio pregiatissimo, il vero “oro” della Puglia. Cosa fare in Puglia?Tanto per cominciare, dato lo sviluppo costiero considerevole – sono 865 i chilometri complessivi di coste in Puglia – ci sono molti sport acquatici praticabili: il Salento (e soprattutto località come Torre dell'Orso e Lido Marini, Gallipoli, le spiagge di Frassanito e di Alimini); un'altra caratteristica della Puglia è il vento  vento e onde ideali per surf, kite e windsurf si trovano anche nella baia di Torre Guaceto, a Palese, Santo Spirito e Giovinazzo. Anche Vieste, nel Gargano, è una meta ambita per surf e windsurf, soprattutto la baia di Santa Maria di Merino e Manaccora. I fondali migliori dove fare immersioni sono quelli delle Isole Tremiti, nel Parco Nazionale del Gargano, oltre alle zone di Santa Maria di Leuca, dove Adriatico e Ionio si incontrano, Porto Cesareo (dove vivono esemplari di tartarughe Caretta-Caretta), Torre Canne (nelle cui acque giace il relitto Gulten Islamoglu) e Torre Ovo con il suo straordinario fondale della Foresta Pietrificata, l’unica foresta di resti fossili in Italia. Escursioni in barca – anche a vela - sono possibili lungo tutta la costa, dal Gargano (luogo di partenza ideale per visitare le Tremiti) fino al Salento passando per la costa barese da Polignano e Monopoli, con visita a grotte raggiungibili solo via mare. Nella cucina pugliese i primi piatti sono una pietanza immancabile, con tanti innumerevoli varianti di tipi di pasta, possibilmente fatta in casa, secondo ricette tramandate di generazione in generazione. Tra i primi piatti pugliesi le più famose sono sicuramente le orecchiette con le cime di rapa oppure da gustare con il pomodoro e la ricotta salata; tipica pugliese è anche la tiella, a base di riso, patate, cozze, cipolle e pomodoro, e gli ziti al forno, con pomodoro, salsiccia e mozzarella.


  • I TURCINIELLI

I turcinelli o in dialetto pugliese turcinieddhi, gnumarieddi o gnumeriedde sono una specialità della tradizione contadina molto particolare, amata dagli autoctoni e molto richiesta anche dai turisti in Salento, Valle d’Itria, Capitanata e in qualsiasi città della Puglia. 
Si tratta di piccoli involtini a forma cilindrica di circa 5 centimetri a base di fegato: si utilizzano le interiora di agnello e di capra o di altri animali, ovvero cuore, fegato, polmoni, milza; si cuociono alla brace, insaporiti in modo diverso in base alle zone della regione, principalmente con sale, pepe e prezzemolo.
Il fatto che le interiora degli animali siano una prelibatezza culinaria è un fatto risaputo sin dall’antichità: gnumerèdde e turcinelli si preparano con interiora ridotte in piccole porzioni, avvolte in un riquadro di trippa e legate a mo’ di gomitolo da un segmento di budella, difatti “gnumeredde” significa appunto “gomitolo”, involtino; all’interno si inseriscono alcune foglie di prezzemolo.
Oggi gli involtini non si preparano più così spesso in casa, ma si possono acquistare nelle macellerie di paese, puliti e preparati a regola d’arte, oppure durante le sagre come quella di novembre a Locorotondo dedicata alle “gnumerèdde suffuchete”.
Una varietà tipica di Locorotondo è appunto quella delle “gnumerèdde suffuchete” cotte in camino nella pignata di creta con tante grosse cipolle tagliate a fette pari al numero delle gnemeredde, soffocate appunto dalle cipolle, con l’aggiunta di scaglie di pecorino, qualche pomodoro, sale, un pizzico di peperoncino e ancora cipolle a coprire fino al bordo.
La ricetta originale della tradizione contadina prevede, come detto, la cottura in camino all’interno di un contenitore capiente chiamato “pignata”, in creta, ma di seguito proponiamo il modo più classico e semplice per gustare queste bontà e prepararle anche a casa sulla brace.
  • LE BOMBETTE PUGLIESI 


Le bombette pugliesi sono degli involtini di carne fresca di maiale ripieni di formaggio, sale e pepe, tipici del territorio della Valle d’Itria, in particolare di Martina Franca dove si produce il famoso capocollo, ovvero la coppa di maiale che padroneggia tra tutte le carni della zona come Presidio Slow Food, essendo un prodotto strettamente legato alla natura e alle risorse del territorio a cui deve il suo profumo e sapore.Questi involtini sono di forma arrotondata e di piccole dimensioni (circa 3-5 cm); la denominazione è legata all’esplosione di sapore che si prova mangiandoli e soprattutto assaporandone il ripieno reso gustoso dal formaggio: solitamente si utilizza il Caciocavallo Podolico del Gargano, re dei formaggi pugliesi, una vera prelibatezza.
Ci sono diverse varianti di questo prodotto tradizionale che riguardano il ripieno: agli ingredienti base, capocollo e caciocavallo, si può scegliere se aggiungere per il ripieno la pancetta (con cui in alcuni casi si avvolgono gli involtini), il prezzemolo e/o altre spezie.
Questi involtini sono tradizionalmente cotti nei fornelli delle macellerie e delle bracerie, ma in alternativa si possono cuocere sulla griglia o in forno, ma anche al sugo.
Durante le feste di paese e le sagre pugliesi le bombette diventano un irresistibile stuzzichino servito come cibo di strada in pratici cartocci conici, spesso accompagnate da una fetta di pane casereccio.


  • MELANZANE RIPIENE


Le melanzane ripiene sono un tesoro ricco di infinita golosità. La ricetta delle melanzane ripiene è di origine spagnola, nato come piatto contadino, oggi si sono diffuse oramai sulla tavola di tutti gli itaiani. Buone e facili da fare sono il piatto perfetto se si vuole conquistare i propri ospiti. È un piatto che sa di famiglia e di tradizione, che crea subito un'atmosfera conviviale. Le melanzane per la loro versatilità si prestano a tantissime ricette e preparazioni tutte da provare! Le melanzane ripiene sono da servire calde, ma sono ottime anche tipiede, o fredde ideali per le cene estive, dove questo ortaggio è nel periodo migliore.




  • PASTICCIO LECCESE


Da oltre duecento anni Salento fa rima con pasticciotto, dolce in pasta frolla farcito di crema pasticcera e cotto in forno che sarebbe nato a Galatina nel 1745.
Pasticciotto, una ricetta “a caso”
Oggi si può gustare un po’ dappertutto, da Nord a Sud della penisola, ma a metà del XVIII secolo rappresentava una grande novità per la tradizionale cucina pugliese. Ad inventare la ricetta del pasticciotto pare sia stato Andrea Ascalone, pasticciere salentino diventato l’ignara firma di un dolce destinato ad entrare con forza nella lista delle prelibatezze tipiche della regione. Si racconta che Ascalone in quel periodo fosse in difficoltà economiche e che, in cerca di maggiore fortuna, trascorresse le proprie giornate a sperimentare nuove ricette. Una volta decise di mescolare impasto e crema avanzati dopo aver infornato una torta, provando a realizzarne un’altra decisamente più piccola. Il risultato però non lo fece impazzire più di tanto, in fondo si trattava, di un dolce decisamente improvvisato, un pasticcio. Il primo pasticciotto della storia, Ascalone lo avrebbe quindi subito regalato ancora caldo ad un passante il quale, invece, non smise più di fare complimenti.



  • VINI SALICE DEL SALENTO

Al gruppo del Salice Salentino appartengono vini dell’omonima DOC creata nell’ormai lontano 1976, situata in Puglia ed il cui territorio si identifica con il comune omonimo in provincia di Lecce, assieme ai comuni di Veglie, Guagnano e Campi Salentina – sempre in provincia di Lecce – e con San Pancrazio Salentino, San Donaci e Cellino San Marco in provincia di Brindisi. Il Salice Salentino si declina quindi in sei diversi tipi di vino, tra i quali, ci sono il rosso, il bianco, il rosato e il pinot bianco (presenti anche con la tipologia spumante), l’aleatico dolce e l’aleatico liquoroso dolce. Il Rosso prende l’appellativo “Riserva” se invecchiato per almeno due anni, di cui almeno sei mesi in legno. Il Rosso e il Rosato vengono prodotti con l’80-100% di Negro Amaro. E’ un vino dagli aromi intensi e dal sapore pieno, asciutto ed armonico. L’abbinamento ideale è con piatti di pasta con sughi di carne, carni miste in umido o bollite, formaggi di media stagionatura, minestre. La “Riserva” è invece adatta all’abbinamento con arrosti, grigliate di carne e formaggi stagionati. Il Rosato ha un colore tenue che arriva al cerasuolo, note aromatiche fruttate e floreali, sapore fresco e allo stesso tempo vellutato. Si abbina con primi piatti leggeri, con fritture, salumi, carni bianche in umidi leggeri e formaggi di media stagionatura. Il Bianchi sono invece prodotti con Chardonnay 70-100%, o Pinot Bianco. Il suo colore è paglierino chiaro con riflessi verdolini, il profumo delicato e fruttato e il sapore asciutto. Può anche essere vivace o frizzante. Si abbina con antipasti leggeri, frutti di mare, molluschi e formaggi teneri. L’Aleatico passito o passito liquoroso sono vini dal colore rosso granata intenso, con riflessi aranciati se invecchiati, dal profumo delicato e il sapore pieno, caldo e dolce, accentuato ancor nella versione liquorosa. Vanno abbinati con dolci a fine pasto, o seviti come vini da meditazione. 

  • NEGRO AMARO 
Il Negroamaro è un vitgno assai versatile dal punto di vista enologico. L’elevata pigmentazione delle sue uve e l’alta concentrazione in estratti dei suoi succhi lo rende adatto all’assemblaggio con altri vitigni locali per dare vita ai numerosi rossi della tradizione Pugliese. La sua spiccata acidità lo rende adatto anche alla vinificazione in rosato e alla spumantizzazione, anche in bianco. Nella descrizione nel seguito riportiamo le caratteristiche salienti del Negroamaro fermo, in purezza e vinificato in rosso, con le versioni rosate o spumantizzate che presentano in generale le caratteristiche comuni di queste tipologie, accompagnate però dalla struttura di un grande vitigno rosso come base di partenza.
E’ consigliabile l’apertura della bottiglia di Negroamaro circa un’ora prima della degustazione. Utilizzare un calice di dimensioni medio-grandi, baloon o a luce ampia per permettere la diffusione dei profumi. Temperatura di degustazione 16-18°C, per le versioni rosate 2 o 3 gradi in meno, per le spumantizzate 6-8°C.
Il Negroamaro è caratterizzato da un buon contenuto in sostanze coloranti, per cui le tonalità dei vini sono di un rosso rubino intenso, con scarsa trasparenza, a volte  impenetrabili, con marcata tendenza a virare verso tonalità più mattonate con l’invecchiamento. Generalmente la consistenza di questi vini è di tutto rispetto.
I descrittori per l'esame visivo del vino Negroamaro:
intenso scuro rosso rubino consistente; i vini prodotti con il Negroamaro al naso si presentano complessi, fruttati, con sentori di amarena e prugna, floreali con note di la violetta, ma si possono percepire anche sensazioni speziate di tabacco, carruba e, nelle versioni affinate in legno, anche note vanigliate o sensazioni balsamiche di mentolo.











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